Sul volto della sera
la lenta mano del sogno ha posto la maschera del ballo notturno
e sopra un vecchio quadrante solare
danzano le giovani ombre della luna
Vicinissimo
nella medesima luce
sorge una scritta
Ospedale Silenzio
Ma il ballo della luna
ha popolato quel silenzio d’una musica senza rumore
Nell’insonnia bruciante
d’improvviso i bambini si mettono a cantare
ma nessuno li sente
Il loro canto è un pianto
il pianto d’una pianta
in una serra
in esilio
Qualunque sia l’età della malata
è sempre la sua giovinezza a soffrire
è sempre la sua infanzia a gridare
a denunciare il male della sua lontananza
Ma è sempre nella bonaccia
quella giovinezza quell’infanzia
che si scorda di tutto e poi danza e sorride
in connivenza con la vita
Ospedale silenzio
Una malata parla da sola con tutta quella vita
lungo discorso folle e tenero
romanzo bello e terribile
e qualche volta anche così bello
Capolavoro mai scritto da nessuno
opera della febbre
lucida, acida e dolce
come il limone sull’albero uno spicchio già nel bicchiere
il bicchiere vuoto sul tavolo a mille leghe dalla mano
e nella nuova sete il ricordo d’aver bevuto
Tragedia in cui la speranza riprende la parte principale
e s’erge dinnanzi ai muri bianchi e nudi
poi attraversando la stanza nel suo peplo sanguinante
socchiude le cortine dell’amore e del vento
e d’improvviso sbigottita angosciata senza saper più
perché l’hanno chiamata ricade sul letto febbrile e
oppressa come un cattivo attore estenuato sotto i fischi
E il dolore la fischia
Ospedale Silenzio
Ma la malata più oppressa di lei la stringe fra le braccia
e le suggerisce la parte
pianissimo
rasente in lenzuolo
Il dottore ce l’ha detto
presto guarirai
E tutte e due se ne vanno cullandosi l’un l’altra
nel paese del sogno dove si ridestano il ricordo
e i rimpianti i progetti e i desideri
Lì
da qualche parte in Francia
Ospedale Parigi
quello dei bambini Malati in rue de Sèvres dove lei ha
fatto un lungo tirocinio di sofferenza di coraggio e
di breve euforia
dove gli uccelli ripetono ancora senza aver capito tutto
i ritornelli infantili inventati su due piedi
effimeri sortilegi contro il cattivo tempo
Lunedì martedì mercoledì giovedì
ancora un altro ieri ancora un altro oggi
Uno dice martedì
l’altro mercoledì
venerdì o domenica
venermanica o cadì
sabato cosa mi dice
se dico giovedì
e se dico giovedì è perché ricomincino
i giorni in cui non malati si poteva volar via
i bei giorni delle vacanze
Ospedale Silenzio
Passano le ore i giorni
le settimane i mesi
la malata adesso è a Vance sulla Costa Azzurra
e quasi del tutto completamente guarita
Ospedale Silenzio
Le quattordici ore della pena
non scoccano più per lei nel Mezzogiorno
E la sofferenza si scusa
da buona dama di compagnia
Ho tante cose da fare
mi perdoni se la lascio
cara amica
Ospedale Silenzio
La grandine s’è sciolta
l’uva non è perduta
Venuta da lontano l’allodola di Giulietta canta sull’ulivo
E sotto i passi della convalescenza
brilla la ghiaia della prima uscita
son tante stelle d’oro su capelli di pioggia
Ospedale Silenzio
La malata sorride
tutta felice d’essere al mondo senza chiedere perché ancora
una volta nuovissima come la prima volta ancora una volta viva
con tutta la vita.
(Jacques Prévert)
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Dello stesso autore:
– I ragazzi che si amano
– La disperazione è seduta su una panchina
– Canzone del sangue
– Tre fiammiferi
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